Avvocato Brescia - Avv. Antonello Calabria

 

Alcuni casi trattati

Come ho spiegato nella Home, l'esame di alcuni casi trattati da parte dell'avvocato rientra tra gli aspetti da prendere in considerazione per valutare la sua competenza.

Per questo motivo, ripercorro brevemente alcune vicende reali che mi sono state sottoposte durante la mia attività nel foro di Brescia, ovviamente salvaguardando l’anonimato dei clienti.

Le prime quattro sono quelle anticipate nella pagina “In cosa posso aiutarti”; le altre due sono caratterizzate da un’attività di tipo stragiudiziale e dalla presenza delle opinioni dei clienti stessi.

Diritto dei contratti: il furto nell'hotel

Come anticipato nella pagina “In cosa posso aiutarti”, questa vicenda (sottopostami nel corso della mia attività a Brescia) si riferisce ad un cliente che si rivolge all'avvocato in quanto durante un soggiorno in un Hotel ha subito il furto delle cose lasciate in camera.

La questione è: l'Hotel è obbligato a risarcire il cliente oppure no?

Anche il percorso logico che l'avvocato deve seguire per la risoluzione del caso è stato anticipato nella pagina “In cosa posso aiutarti”, ed è il seguente:

1. capire che tipo di contratto hanno stipulato in concreto le parti;

2. individuare le norme applicabili a tale contratto;

3. valutare gli effetti di tali norme al caso di specie.

Per quanto riguarda il tipo di contratto concluso, è evidente che si tratta di un contratto di “deposito”, che, ai sensi dell'art. 1766 del codice civile, è il contratto con il quale una parte riceve da un’altra una cosa mobile con l'obbligo di custodirla e di restituirla in natura.

Infatti, nel momento in cui il cliente lascia le proprie cose nella camera di un hotel le sta sostanzialmente “affidando” in custodia alla struttura alberghiera.

Per quanto riguarda la disciplina applicabile, il codice prevede, accanto a norme generali applicabili a tutti i contratti di deposito, una disciplina specifica dedicata alle responsabilità dell'albergatore per le cose portate in hotel: l’art. 1783 stabilisce infatti che egli è responsabile di ogni deterioramento, distruzione o sottrazione delle cose portate dal cliente in albergo.

Ne consegue che l'avvocato al quale viene sottoposta la vicenda potrà rispondere al cliente affermando che l'hotel deve risarcirlo per la sottrazione delle cose da lui portate in albergo.

Il passaggio successivo da parte dell'avvocato dovrà essere la prospettazione dei tempi per l'eventuale giudizio (alla luce della sua esperienza nel foro di appartenenza, nel nostro caso a Brescia), nonché l'indicazione degli eventuali costi, ivi compreso il compenso.

diritto delle obbligazioni e dei contratti

Diritto commerciale: il credito nei confronti della Srl cancellata

Anche questa vicenda, realmente verificatasi durante la mia attività a Brescia, è stata anticipata nella pagina “In cosa posso aiutarti”, e si riferisce al caso di un professionista che si rivolge ad un avvocato perchè vanta un credito nei confronti di una società a responsabilità limitata ormai posta in liquidazione, sciolta e cancellata dal Registro delle imprese.

Il quesito posto all’avvocato è quindi il seguente: il credito esiste ancora?

E in tal caso, nei confronti di chi sarebbe possibile agire visto che la società non è aggredibile?

Come anticipato, per rispondere al quesito l'avvocato deve partire dalle norme del diritto commerciale, e in particolare dalle norme che disciplinano le società di capitali.
Ebbene, la disciplina rilevante è contenuta in particolare nel Capo VIII del codice civile, intitolato “Scioglimento e liquidazione delle società di capitali”.

L'art. 2495 del codice prevede infatti che “ferma restando l'estinzione della società, dopo la cancellazione i creditori sociali non soddisfatti possono far valere i loro crediti nei confronti dei soci, fino alla concorrenza delle somme da questi riscosse in base al bilancio finale di liquidazione”.

Ne consegue che l'avvocato interrogato su tale questione, dovrà riferire al cliente che:

1. il suo credito esiste ancora, ma non può più essere fatto valere nei confronti della società, che si è ormai estinta, ma esclusivamente dei suoi soci;

2. l'eventuale iniziativa esecutiva nei confronti dei soci dovrà essere limitata alle somme che essi hanno incassato al momento della liquidazione.

In altre parole, l'avvocato dovrà avviare un'indagine presso il Registro delle Imprese (nel nostro caso quello della Provincia di Brescia) e procurarsi il bilancio finale di liquidazione.

Se emergerà che i soci non hanno riscosso alcuna somma, l'avvocato non potrà fare altro che informare il cliente che non esistono iniziative percorribili.
Viceversa, se alcune somme sono state riscosse, sarà compito dell’avvocato fornire al cliente gli elementi per valutare se, alla luce dei costi necessari, può aver senso avviare un’esecuzione.

diritto commerciale

Diritto immobiliare: l'acquisto del terreno con diritto di passaggio

Anche tale vicenda, come quelle sopra descritte, si è realmente verificata in un Comune non lontano da Brescia ed ha oggetto il caso di un soggetto che acquista un terreno, per poi scoprire che su di esso il proprietario del terreno vicino afferma di vantare un diritto di passaggio.

I quesiti sottoposti all'avvocato sono quindi i seguenti:

1) il proprietario del terreno vicino ha ancora diritto a passare anche se il terreno è stato venduto ad un soggetto diverso da quello con cui ha pattuito tale passaggio?

2) e se così fosse, cosa potrebbe fare eventualmente l'acquirente del terreno per tutelarsi laddove non fosse a conoscenza di tale diritto di passaggio?

Nel caso in esame, il punto di partenza del ragionamento dell'avvocato è come anticipato l'esame delle norme previste dal codice civile in materia di “servitù prediali”, che consistono in diritti vantati dai proprietari di immobili sui beni immobili vicini.

Da tale esame, emergerà quanto segue:

1. la servitù prediale è un diritto che “segue” il bene e quindi se un soggetto vanta tale diritto su un immobile, questo rimarrà in vigore anche se l'immobile è venduto;

2. a tutela del soggetto che acquista l'immobile, per l'eventualità in cui non sia a conoscenza della servitù prediale, la legge prevede che questa debba essere “trascritta”.

In altre parole, presso la Conservatoria di competenza per l'immobile (nel nostro caso quella di Brescia), in corrispondenza dell'immobile dovrà essere trascritto (oltre agli atti di vendita dello stesso) anche l’atto con il quale è stata costituita la servitù sull’immobile.

Se la servitù non è trascritta non è opponibile al soggetto che acquista il terreno, che quindi potrà legittimamente rifiutarsi di far passare il vicino dal terreno.
L'unica eccezione è rappresentata dall'ipotesi in cui nell'atto di trasferimento dell'immobile sia dato espressamente atto della servitù.

Alla luce di quanto detto, l'avvocato al quale venga sottoposta la vicenda in esame dovrà:

1) esaminare l'atto di trasferimento dell'immobile per verificare se si faceva espressamente riferimento alla servitù; non sono sufficienti formule generiche quali “si trasferiscono anche tutte le servitù attive o passive sull'immobile”, come chiarito dalla giurisprudenza;

2) verificare presso la Conservatoria del luogo (nel nostro caso di Brescia) se risulta trascritto in corrispondenza del terreno in parola anche l'atto di costituzione della servitù.

Se nessuna di tali condizioni si è verificata, l'acquirente del terreno può legittimamente rifiutarsi di far passare il vicino, ovviamente con l’assistenza del proprio avvocato.

Ma cosa può fare il terzo acquirente se invece non può opporsi perchè la servitù risulta trascritta o menzionata nell'atto e lui non se n’è accorto?

Ebbene, in questo caso l'avvocato dovrà purtroppo informare il cliente che egli non può opporsi al diritto di servitù vantato dal vicino, trattandosi, come detto, di un diritto reale che “segue” l'immobile da un proprietario all'altro.
Non rimarrà altro che verificare nell'atto di costituzione della servitù se è previsto quanto meno un corrispettivo per tale diritto e quindi pretenderlo.

Diritto condominiale: la ristrutturazione del tetto del condominio

Veniamo all’ultima vicenda richiamata nella pagina “In cosa posso aiutarti”, anch’essa realmente verificatasi in un Comune della Provincia di Brescia.

Essa si riferisce ad un cliente che si è rivolto all’avvocato per capire come comportarsi all’esito dei seguenti eventi:

1. l’assemblea del proprio Condominio decide di ristrutturare il tetto dello stabile e l’amministratore pone le spese a carico di tutti i condomini;

2. alcuni condomini impugnano la delibera affermando che il condomino rivoltosi all’avvocato debba pagare per intero una parte dei lavori, in quanto sopra il suo appartamento il tetto non è coperto da coppi, ma è una terrazza che lui usa in via esclusiva.

A questo punto, il cliente vuole capire dall’avvocato qual è la corretta suddivisione tra i condomini delle spese necessarie per i lavori di ristrutturazione della sua parte di tetto: equamente divise tra i condomini o interamente a suo carico?

Per rispondere al quesito, l’avvocato deve partire dalla disciplina specifica in tema di Condominio, e più precisamente dall’art. 1126 del codice civile, che disciplina l’ipotesi in cui sia ristrutturata una parte del tetto condominiale utilizzata in via esclusiva da uno dei condomini.

Ebbene, tale norma prevede in particolare che in detta ipotesi:

1) i condomini che “hanno l’uso esclusivo sono tenuti a contribuire per un terzo nella spesa delle riparazioni o ristrutturazioni”;

2) “gli altri due terzi sono a carico di tutti i condomini dell’edificio o della parte di questo a cui il lastrico solare serve”.

Alla luce di tale disciplina, l’avvocato dovrà innanzitutto verificare che il lastrico solare “serva” al condominio, cioè che, pur essendo usato in via esclusiva da uno dei condomini, costituisca al contempo una copertura per lo stabile, indispensabile per lo stesso.

In tale ipotesi, la risposta dell’avvocato al cliente dovrà essere la seguente: non è corretta né la suddivisione paritaria tra tutti i condomini delle spese, né l’imposizione dell’intera spesa nei suoi confronti, ma occorrerà dividere nella misura di un terzo per il cliente e due terzi per gli altri condomini che usufruiscano della parte di tetto in parola.

In un contesto del genere, a mio avviso un avvocato realmente preoccupato della tutela del suo cliente (e cioè del fatto che un’eventuale causa possa bloccare i lavori sul tetto, di cui invece ha necessità) dovrebbe suggerirgli la via di un accordo stragiudiziale.

In particolare, nell’eventuale trattativa, l’avvocato dovrebbe a mio avviso:

1) evidenziare il contenuto della norma citata;

2) rilevare il fatto che la suddivisione delle spese su più condomini determinerebbe un importo pro quota per ciascun condomino non molto maggiore rispetto agli eventuali costi necessari per affrontare una causa, peraltro con scarse possibilità di successo;

3) mettere in evidenza la considerevole entità dei tempi necessari per risolvere la questione in via giudiziale, che, per quanto il foro di Brescia non sia tra i più lenti, si agirebbero attorno ai due anni.

diritto immobiliare, condominiale e delle locazioni

Responsabilità per sinistri: la macchina tamponata nel parcheggio

Questa vicenda si riferisce ad un cliente che si è rivolto ad un avvocato (e nella fattispecie al sottoscritto) a seguito dei seguenti avvenimenti:

1) la sua automobile parcheggiata in una via di Brescia viene colpita da un’altra vettura nel tentativo di parcheggiare, provocando danni in relazione ai quali una Carrozzeria (sempre di Brescia) effettua un preventivo per un importo considerevole;

2) il conducente del secondo veicolo si allontana senza lasciare i propri dati;

3) all’accaduto assiste però un passante, il quale annota il numero di targa.

Il cliente prova in un primo momento a contattare l’assicurazione del veicolo fuggito, ma questa, dopo aver effettuato una perizia, si rifiuta di liquidare i danni, affermando che questi non erano compatibili coi presunti danni presenti sul veicolo da essa assicurato.

Di qui la decisione di rivolgersi ad un avvocato.

La mia attività può essere così riassunta:

1) in un primo momento, procedo ad una richiesta di risarcimento dei danni con una lettera, alla quale però l’assicurazione, nonostante la firma di un avvocato, non risponde nemmeno;

2) provvedo quindi alla notifica di un atto citazione innanzi al Giudice di Pace di Brescia, chiedendo la condanna al risarcimento dei danni patiti nella misura indicata nel preventivo;

3) solo a questo punto, la compagnia assicurativa si mette in contatto con me, proponendo di pagare come risarcimento un importo inferiore alla metà di quanto indicato dal preventivo;

4) replico che, non essendoci dubbi sulla dinamica dei fatti, la proposta dovesse essere rivista in una misura superiore alla metà dell’importo (non molto di più perché sapevo che il preventivo era contestabile), ovviamente al netto delle spese giudiziali, a carico dell’assicurazione;

L’assicurazione accetta le mie condizioni e pertanto sottopongo la proposta al cliente, suggerendo di accettarla per i seguenti motivi:

1) a fronte della perizia della controparte, era probabile che il Giudice di Pace di Brescia decidesse di disporre una Consulenza tecnica d’ufficio per accertare la compatibilità dei danni e l’entità dei danni subiti, con esito assolutamente incerto;

2) anche laddove la compatibilità dei danni e l’importo indicato nel preventivo prodotto fossero stati confermati, in ogni caso per ottenere il pagamento del relativo importo, si sarebbero resi necessari diversi mesi di giudizio presso il Giudice di Pace di Brescia;

3) laddove poi l’assicurazione si fosse avvalsa di un proprio perito di parte, sarebbe stato necessario individuare a propria volta un perito di parte, con un aumento delle spese;

4) esisteva infine la possibilità che rivolgendosi ad un’altra Carrozzeria, anche senza spostarsi da Brescia, il costo delle riparazioni potesse abbassarsi.

Alla luce di tali elementi, il cliente ha accolto il mio consiglio di accettare la proposta dell’assicurazione e ho quindi formalizzato un accordo con l’avvocato della Compagnia.

Successivamente, il cliente ha riparato il proprio veicolo spendendo una cifra di poco superiore rispetto all’importo incassato dall’assicurazione.
Questa vicenda dimostra a mio avviso che spesso una trattativa può dare risultati più soddisfacenti per l’avvocato e per il cliente di un lungo e non sempre agevole giudizio.

Anche se tale atteggiamento non è particolarmente remunerativo per l’avvocato (per il quale è più proficuo far causa), ritengo che l’obiettivo del nostro lavoro debba essere quello di risolvere il problema del cliente nel modo più conveniente PER LUI.

Anche il cliente è rimasto soddisfatto dall’esito della vicenda, esprimendosi nei seguenti termini:

“Sono contento di aver accettato, su consiglio dell’Avvocato Calabria, la proposta di accordo che mi è stata formulata: è stata la soluzione migliore per me”.
risarcimento danni

Recupero del credito: il macchinario mai costruito

Questa vicenda (anch’essa emersa durante la mia attività a Brescia) si riferisce ad una società che si è rivolta ad un avvocato in quanto, pur avendo pagato ad un’altra società un importo ingente a titolo di acconto per la realizzazione di un macchinario, questo non le è mai stato consegnato.

Di qui la decisione di risolvere il contratto per inadempimento, con la conseguente richiesta alla controparte di restituzione degli importi corrisposti in anticipo. L’altra società si è opposta, affermando di aver iniziato la costruzione del macchinario e di non averlo consegnato per il mancato integrale pagamento di quanto concordato.

Ne è derivata una causa dall’esito incerto, soprattutto alla luce delle considerazioni fatte dal Giudice in udienza in merito alla necessità di effettuare una consulenza tecnica d’ufficio.

In questo contesto, l’avvocato si trova di fronte ad un bivio; in pratica egli può:

1) evidenziare al cliente i punti di forza della propria difesa, in modo da convincerlo a proseguire nella causa (scelta sicuramente più remunerativa);

2) far presente anche i profili di rischio per cercare di indurlo a valutare l’opzione di un accordo, come peraltro suggerito dallo stesso giudice.

Nel caso in esame, io ho cercato di far presente sia i punti di forza che gli aspetti più delicati, in modo da farsi trovare pronti in caso di proposte di accordo. Ed è ciò che accaduto: in udienza è stato lo stesso giudice a proporre a ciascun avvocato, in rappresentanza anche sostanziale delle parti, un importo pari circa al 65% della somma richiesta.

Alla luce di quanto appreso sui rischi della causa, il cliente ha quindi potuto optare in modo consapevole per l’accettazione della proposta.

La vicenda si è quindi conclusa con un accordo stragiudiziale, conclusione questa che ha lasciato soddisfatto anche il cliente, che si è espresso infatti sulla vicenda nei seguenti termini:

“Avevamo l’esigenza di recuperare nel modo più rapido possibile un importo importante: con l’aiuto dell’Avvocato Calabria siamo riusciti a recuperarne una buona parte in tempi ragionevoli, senza il rischio di esecuzioni infruttuose”.

Ed in effetti, oltre ai rischi della causa, spettava all’avvocato tenere conto anche della possibilità che, pur ottenendo un provvedimento favorevole, poi non si riuscisse a darvi esecuzione.

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Consulenza stragiudiziale: il contratto di opzione

L’ultima vicenda si riferisce ad un’attività che a mio parere è tra le più importanti per ogni avvocato, e cioè la consulenza stragiudiziale, ed in particolare la redazione di un contratto.

Infatti, un cliente lungimirante si è rivolto all’avvocato (e nella fattispecie al sottoscritto) assai prima che si rendesse necessario instaurare una causa, in tal modo avvalendosi di quello che a mio avviso è uno dei servizi più utili dell’avvocato, cioè la consulenza stragiudiziale.

In particolare, in questo modo il cliente ha potuto definire con l’avvocato il contenuto più idoneo di un contratto di opzione per l’acquisto delle quote di una società di Brescia, allo scopo di:

1) prevenire eventuali contrasti futuri tra le parti in merito alla sua interpretazione;

2) tutelarsi in caso di eventuali controversie, con opportuni accorgimenti.

Solo l’avvocato, infatti, sulla base della propria conoscenza dell’aspetto “patologico” della vita di un contratto, ha le competenze per redigere un contratto più “forte” nel suo aspetto “fisiologico”.

Inutile dire che in questo caso all’avvocato sarà richiesto di:

1) calarsi nella realtà e valutare le concrete esigenze del cliente nella definizione della struttura contrattuale più idonea;

2) suggerire eventuali ulteriori spunti sulla base delle indicazioni ricevute.

E alla fine anche il cliente sa riconoscere lo sforzo di fornire un “servizio su misura”, come dimostra quanto dichiarato dal mio cliente nel caso in esame:

"Pronto a venire incontro alle esigenze del cliente anche di fronte a nuovi contesti, un servizio tailor-made unito a disponibilità e cortesia professionale".
 
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Piero Calamandrei
(Elogio dei giudici scritto da un avvocato, Firenze, 1935)

 
 

 


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